Anafilassi indotta da esercizio fisico

I rischi correlati all'”allergia da allenamento” possono essere estremamente gravi sebbene molto rari, inoltre la tendenza all’incremento dei casi rende necessario conoscere i dettagli da parte di tecnici sportivi e allenatori.

La classica frase pronunciata dai sedentari cronici, secondo cui avrebbero una allergia all’allenamento, nasconde un fondo di verità, sebbene non sia neppure lontanamente utile per giustificare un simile stile di vita. Si tratta dell’anafilassi indotta da esercizio fisico ed è una patologia relativamente rara e di recente individuazione, la cui diffusione sembra però in costante aumento. La sua manifestazione clinica è analoga a ogni altra tipologia di risposta allergica acuta che, nei casi più gravi, porta allo shock anafilattico. In prima istanza si manifesta con prurito, orticaria, difficoltà respiratorie e coinvolgimento gastrointestinale, esattamente come avviene per qualsiasi risposta verso un allergene e quindi con interessamento del sistema immunitario, nei casi più gravi può evolvere drammaticamente se non trattata. Si è comunemente a conoscenza di reazioni di tale natura in risposta a farmaci, alimenti, pollini e sostanze affini, mentre appare perfino di difficile inquadramento il fatto che possa essere correlata a elementi e processi endogeni.

L’anafilassi indotta da esercizio fisico può manifestarsi in momenti diversi della pratica (es.: al suo esordio o nella fase di maggiore impegno) così come può insorgere attraverso stimoli di natura differente ma che coinvolgono il lavoro muscolare, con una prevalenza per discipline come il running e le attività di endurance. In considerazione della tendenza all’aumento dei casi, e della gravità della risposta che molto spesso è imprevedibile e di diagnosi non immediata, si rende necessario non solo analizzare i meccanismi correlati, ma anche i comportamenti che possono favorire l’insorgenza del disturbo.

L’individuazione dell’anafilassi indotta da esercizio fisico risale agli anni ottanta[1] ma il numero limitato di casi non ha consentito ad oggi una larga conoscenza del problema presso gli addetti ai lavori che operano al di fuori dell’ambito medico specialistico, come ad esempio trainer, istruttori e preparatori atletici impegnati direttamente con soggetti potenzialmente affetti. Sebbene infrequente si stima che il numero di eventi di anafilassi indotta da esercizio fisico possa rappresentare sino al 15% del totale dei casi di anafilassi e, nella sua forma cibo-dipendente (di seguito descritta e verosimilmente rappresentata dalla metà delle situazioni) si potrebbe avere riscontro di 1 caso ogni 6.000 persone[2].

L’incremento nella pratica sportiva degli ultimi anni, se incontrovertibilmente ha delle ricadute positive a livello personale e sociale per quanto attiene la salute delle persone, determina dall’altro un aumento dei casi in termini assoluti, esigendo una conoscenza specifica del problema anche alla luce di circostanze che possono avere esito fatale[3] dovuto a interventi tardivi e inadeguati.

Sebbene, come inizialmente menzionato, la prevalenza dei casi è al momento correlabile con le discipline di endurance, non solo questo non esclude la possibilità di una manifestazione anche per altre attività, ma non è neppure da sottovalutare l’ipotesi che una maggiore probabilità di eventi acuti correlati con attività di questo tipo, sia semplicemente la conseguenza di una maggiore diffusione percentuale di questo genere di allenamenti presso la popolazione.

Lo stesso si può dire in relazione alle caratteristiche anagrafiche e di genere che descrivono il maggior numero di casistiche, per questo motivo (allo stato attuale della ricerca) è perlomeno affrettato eseguire un identikit preciso dei soggetti maggiormente a rischio e occorre invece ritenere eterogenea la popolazione potenzialmente coinvolta.

Tuttavia è possibile aspettarsi una maggiore suscettibilità da parte di soggetti con familiarità o con presenza di malattie allergiche di altra natura e di chiara ed evidente sintomatologia; nei soggetti di sesso femminile (soprattutto durante il ciclo mestruale); una minore casistica in soggetti in età pediatrica, sebbene fenomeni di anafilassi indotta da esercizio sono stati riscontrati in un range di età compreso tra i 4 e i 74 anni[4].

Vi sono una serie di circostanze favorenti il manifestarsi dell’anafilassi indotta da esercizio fisico date sia da elementi ambientali (es.: mesi estivi e invernali), che da elementi personali riconducibili all’assunzione di cibo o all’introduzione di farmaci, in particolare FANS e alcune classi di antibiotici[5].

Gli aspetti più rilevanti per comprendere meglio dinamiche e trattamenti preventivi sono correlati indubbiamente alle cause scatenanti. Come chiarito da un importante approfondimento sul tema[6] è possibile individuare 3 meccanismi patogenetici:

  • cibo indipendente;
  • cibo dipendente;
  • alimento dipendente.

Le forme dipendenti dall’assunzione di cibo, o da uno specifico alimento, sono quelle statisticamente più frequenti e possono essere scatenate sia se il cibo in questione è introdotto prima dell’attività fisica (si assiste ad una comparsa precoce dei sintomi), sia se viene introdotto al termine dell’allenamento (in questo caso si osserva una latenza anche diverse ore prima della manifestazione clinica). In entrambi questi casi si può parlare più correttamente di anafilassi indotta da esercizio fisico cibo-dipendente, ritenendola una sottocategoria del disturbo principale caratterizzata, come di seguito descritto, da una sostanziale inesistenza di sintomi nel caso avvenga solo l’allenamento o solo l’introduzione di alimenti specifici.

A interferire con i processi legati al rilascio di istamina e conseguenti reazioni (nelle forme cibo-dipendenti), è la rapidità ed efficienza quantitativa nell’assimilazione del cibo nel post workout, elemento che svolge di norma un ruolo positivo in relazione al miglioramento della performance atletica e non solo. Ad esempio migliorando i tempi di rigenerazione delle scorte di glicogeno muscolare, e migliorando la sensibilità insulinica che contrasta l’ingresso del glucosio negli adipociti. Gli alimenti più frequentemente responsabili di queste reazioni sono gli stessi che determinano le più diffuse allergie alimentari, tuttavia nei soggetti affetti da anafilassi indotta dall’esercizio fisico l’introduzione non associata al lavoro muscolare non provoca alcuna reazione avversa.

I processi responsabili dell’anafilassi indotta da esercizio sono differenti anche nel caso di alimenti specifici, e tra questi meritano una particolare attenzione quelli relativi all’introduzione dei derivati del grano, che per altro sono verosimilmente di più frequente manifestazione.  Nel corso dell’attività fisica avviene infatti l’attivazione dell’enzima transglutaminasi, nell’uomo si possono individuare 8 differenti forme di transglutaminasi, ciascuna con funzioni specifiche che vanno dalla coagulazione sanguigna ai processi digestivi e questo enzima (in tal caso di derivazione batterica) è usato anche nell’industria alimentare.

La transglutaminasi intestinale è rilasciata dai fibroblasti (cellule del tessuto connettivo) e dai macrofagi (cellule del sistema immunitario), si lega alla gliadina (proteina del glutine) operando una deaminazione. Il glutine viene idrolizzato in peptidi nel corso della digestione proprio ad opera della transglutaminasi intestinale. La sua presenza massiva determinata dall’esercizio fisico in risposta all’incremento di IL-6[7] (interleuchina-6 è una proteina secreta dai linfociti-T e dai macrofagi, appartiene alla classe delle citochine e ha un ruolo attivo nella modulazione del sistema immunitario) promuove, in associazione ad alimenti contenenti glutine, una reazione allergica mediata da un più agevole legame con immunoglobuline specifiche.

In questi casi il tutto è aggravato, come segnalato in precedenza, dalla rapidità di assorbimento della gliadina che può derivare dalla concomitante introduzione di alcuni FANS a base di acido acetil salicilico[8] o di altre classi farmacologiche, così come può essere favorita da un rilassamento delle giunzioni strette (tight junction) che evitano il passaggio di macromolecole a livello intestinale, e che possono essere compromesse anche dalla temperatura e dall’esercizio fisico prolungato (elemento che spiegherebbe anche la correlazione con attività di endurance).

In ogni caso i derivati del grano non sono i soli chiamati in causa nella forma cibo-dipendente, ed è possibile annoverare altresì crostacei, nocciole, arachidi e numerosi altri, inclusi i prodotti che crossreagiscono con questi alimenti.

L’attività fisica induce ulteriori variazioni che possono fungere da innesco per le reazioni avverse sopra descritte come la ridistribuzione del flusso ematico con incremento del trasporto di allergeni in sede intestinale, la variazione del suo pH e una maggiore espressione di citochine, elementi che determinano una alterazione nella degranulazione dei mastociti[9] (processo che governa il rilascio di istamina e le successive risposte anafilattiche). Sebbene ciascuno di questi elementi manchi ancora di una inconfutabile valutazione in termini di causa-effetto.

La diagnosi è certamente complessa, soprattutto perché implica il verificarsi di una serie di circostanze non sempre comuni, inclusi alcuni fattori ambientali come temperatura e umidità oltre che l’eventuale introduzione di farmaci specifici. Prevede in ogni caso l’induzione della manifestazione clinica attraverso la somministrazione di più test che prevedano di stimolare il soggetto in varie condizioni (digiuno, introduzione di alimenti specifici, ecc.) testando per ciascuna circostanza le reazioni all’esercizio fisico, ed escludendo a monte i casi di reazione ad alimenti in modo indipendente dall’attività fisica. E’ invece possibile eseguire un preventivo test di sensibilizzazione agli alimenti verosimilmente ritenuti implicati sulla base della storia clinica del soggetto.

La precisa conoscenza del mix di fattori che individualmente scatenano gli episodi permette di ridurre drasticamente i rischi senza inficiare la qualità della vita, e soprattutto evitando di vietare l’esecuzione degli allenamenti senza neppure conoscere le cause specifiche di quanto avviene, creando di fatto una preclusione verso il mantenimento di una ottimale condizione di salute ed efficienza. Essendo la componente ambientale un elemento scatenante, non è neppure detto che occorra in tutti i casi procedere con l’eliminazione totale di alcune classi di alimenti nelle giornate dedicate al workout e, di norma, un buon distanziamento orario tra l’ultimo pasto e l’allenamento dovrebbe essere un efficace strumento preventivo.

E’ invece da escludere l’introduzione preventiva di antistaminici poichè rischiano di ritardare la comparsa dei segni lievi della manifestazione (es.: orticaria) ritardando l’intervento nel caso di manifestazione grave dell’anafilassi sistemica[10].

Il trattamento acuto della manifestazione clinica esula dalle esigenze della trattazione in questa sede, essendo ambito di esclusiva pertinenza medica, si segnala tuttavia la raccomandazione per soggetti con diagnosi acclarata di avere sempre a disposizione un infusore automatico di epinefrina.

Abstract in english

The risks related to “exercise-induced anaphylaxis” can be extremely serious although very rare, furthermore, the tendency to increase cases makes it necessary to know the details by fitness trainers and coaches.

L’articolo è disponibile sul sito web NonSoloFitness

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Bibliografia

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[9] Pravettoni V; Incorvaia C; Diagnosis of exercise-induced anaphylaxis: current insights; J Asthma Allergy. 2016; 9: 191–198.

[10] Gani F. et. al (op. cit.)

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