I primi tentativi di studio della composizione delle varie regioni corporee risalgono alla fine del 1800 e, da allora, queste tecniche d’indagine avvengono principalmente mediante l’utilizzo di un plicometro. In letteratura abbondano gli studi sia per quanto concerne le diverse tipologie di strumenti utilizzabili che dei metodi di misurazione applicabili, sulla localizzazione dei punti di repere (anche al di fuori delle raccomandazioni della ISAK) e sulla differenza dei risultati riscontrabili a seconda dell’esperienza dell’operatore che esegue le misurazioni. Attualmente è in grande espansione anche l’interesse verso le tecniche ecografiche per la definizione dell’adipe componente l’interfaccia muscolo-D.A.T. (tessuto adiposo profondo). In origine e indicativamente fino agli anni ‘60, le misurazioni ecografiche venivano utilizzate principalmente per studiare la morfologia degli animali, sia in vivo che post mortem, ma nel 1963 venne pubblicato uno tra i primi studi di misurazione del grasso sottocutaneo mediante l’utilizzo dell’ecografia. Ad oggi, l’impiego di questa metodica rappresenta ancora oggetto di dibattiti scientifici, contraddistinto per la sostanziale efficacia e ripetibilità. Appurato che queste caratteristiche permetterebbero una più accurata stima dell’adipe sottocutaneo (sia attraverso l’accurata visualizzazione su monitor che la misurazione tramite programmi specifici) va tenuto conto che determinati aspetti, come l’acquisizione delle immagini e la predizione del risultato, richiedono una maggiore disponibilità temporale e strumentale rispetto al plicometro. L’obiettivo di questa review è quello di presentare un foglio di lavoro utile all’esaminatore in sede d’esame, che fornisca una metodologia, nella sua duplice accezione cronologica e dinamica, dell’acquisizione delle immagini, sia con plicometro che con ecografo, in modo tale da semplificare la raccolta, lo studio dei dati e renderne scorrevole l’approfondimento.
Indagine comparativa tra la plicometria e l’ecografia per la determinazione del pannicolo adiposo sottocutaneo: l’utilizzo di una tabella come riferimento metodologico

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